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Verso un nuovo mondo!

...è stato così per circa 20 milioni di italiani che, negli ultimi 150 anni, hanno lasciato per sempre la loro terra natale. Io ho cominciato a riflettere sull’emigrazione abbastanza presto, vivendo in Calabria. Molte persone che conoscevo erano già emigrate e poi tornate, erano cresciute all’estero oppure avevano familiari sparsi in tutto il mondo.Allora ho iniziato a chiedermi da quando esistesse questo fenomeno migratorio. Ho scoperto molto presto che, all’inizio, non si trattava di un problema esclusivamente del sud Italia.


Raffaello Gambogi, Gli emigranti, Public domain, von Wikimedia Commons
Raffaello Gambogi, Gli emigranti, Public domain, von Wikimedia Commons

Infatti, si parla della grande emigrazione italiana, che si divide in tre fasi:

La Grande Emigrazione (1876-1915), l’Emigrazione Europea (1945-1970) e l’emigrazione attuale, che sta spingendo molti giovani a lasciare il Paese. In questo articolo voglio concentrarmi in particolare sulla prima grande ondata migratoria, mentre negli articoli successivi cercherò di affrontare le altre due.


Per capire cosa spinse così tanti italiani a emigrare, bisogna tenere conto di come era organizzato il Paese alla fine del XIX secolo.Fino al 1861, l’Italia era divisa tra il Regno di Sardegna al nord, il Regno delle Due Sicilie al sud e vari ducati (vedi anche il mio articolo https://www.leduecalabrie.com/it/post/a-napoli-l-antica-capitale-del-regno-delle-due-sicilie).Nel 1861 tutto venne unificato sotto il Regno d’Italia, dopo una guerra piuttosto sanguinosa combattuta dal nord al sud.

Nonostante le differenze, tutte le regioni avevano qualcosa in comune: l’economia era prevalentemente agricola. Il 50% del PIL proveniva dall’agricoltura, e circa il 60% dei lavoratori erano contadini.


T.H. Wendt. (1907). Desembarque de imigrantes no Porto de Santos, 1907. Memorial do Imigrante de São Paulo.
T.H. Wendt. (1907). Desembarque de imigrantes no Porto de Santos, 1907. Memorial do Imigrante de São Paulo.
Quando nel 1873 la Grande Depressione scosse tutta l’Europa, anche l’Italia ne sentì l’impatto.La Rivoluzione Industriale aveva fatto crollare i prezzi del grano sui mercati internazionali a tal punto che l’Italia non riusciva più a competere. Questo colpì soprattutto il nord del Paese, dove il grano era la coltivazione principale.A differenza del sud — che era ancora in gran parte organizzato secondo un sistema feudale — nel nord esistevano molti piccoli produttori, che non riuscivano a sopravvivere con prezzi così bassi.Questo provocò una disoccupazione di massa. La situazione si complicò ulteriormente quando il governo italiano decise di imporre dazi sui prodotti esteri per proteggere l’industria nazionale. Ma questo peggiorò soltanto le cose.I rapporti con la Francia, che prima importava molti prodotti dal sud Italia, si incrinarono completamente, e diventò sempre più difficile esportare vino, olive e agrumi del sud. Anche questi prodotti cominciarono ad essere tassati.All’inizio, il sistema feudale del sud riusciva ancora ad assorbire una parte della manodopera, ma col tempo, i lavoratori non vedevano altra via d’uscita per migliorare la propria condizione se non quella di lasciare il Paese.

Ma dove andare?Le destinazioni più popolari erano l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti.Si trattava di Paesi enormi, poco popolati e con economie in crescita che avevano bisogno di manodopera.L’Argentina e il Brasile offrivano addirittura terre e, in molti casi, pagavano il viaggio in nave verso la "nuova terra". Di solito, il viaggio partiva da Napoli o da Genova e durava tra le 2 e le 3 settimane per il Sud America, e tra i 10 e i 14 giorni per gli Stati Uniti.

Una volta arrivati, molti italiani trovarono lavoro negli Stati Uniti nelle miniere, nella costruzione di ferrovie, nelle fabbriche o come artigiani.In Brasile lavoravano principalmente nella coltivazione del caffè, mentre in Argentina soprattutto nelle campagne.


Mulberry Street in Little Italy, New York, Biblioteca del Congresso, Public domain, da Wikimedia Commons
Mulberry Street in Little Italy, New York, Biblioteca del Congresso, Public domain, da Wikimedia Commons

Ancora oggi si può vedere molto chiaramente l’impronta dell’immigrazione italiana in Argentina.Le somiglianze tra le lingue hanno sicuramente facilitato l’integrazione.Lo spagnolo rioplatense contiene moltissime parole di origine italiana, anche provenienti dai dialetti, e il modo di parlare ha un tono molto simile all’italiano.


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Una tipica casa a La Boca, Buenos Aires, fotos privatas del anno 2009
Una tipica casa a La Boca, Buenos Aires, fotos privatas del anno 2009

Se vuoi fare un piccolo viaggio nel tempo, puoi visitare il quartiere de La Boca, a Buenos Aires.Era il luogo dove molti immigrati arrivavano per la prima volta. Le casette colorate furono il primo tetto per migliaia di persone che vivevano in condizioni molto umili.

Per dipingere le case di lamiera e legno si usavano gli avanzi di vernice delle navi, e così nacque lo stile così caratteristico de La Boca (vedi le foto sopra). Un quartiere da non perdere in una città davvero affascinante!


L’Hotel de Inmigrantes, a Puerto Madero — il luogo dove i nuovi arrivati potevano alloggiare gratuitamente per cinque giorni — è oggi un museo che ricorda quell’epoca di immigrazione di massa proveniente da tutto il mondo.

L’hotel funzionava come una piccola città: c’erano un ospedale, una banca, un ufficio postale e perfino un ufficio di collocamento, che non solo metteva in contatto con opportunità di lavoro, ma insegnava anche le basi per poter iniziare a lavorare, come ad esempio usare le macchine agricole. Una cosa che ho trovato molto interessante è che c’era anche un ufficio traduzioni e una biblioteca, dove i nuovi arrivati potevano cominciare a conoscere, poco a poco, la loro nuova terra.


Trovo anche molto interessante il CISEI – Centro Internazionale Studi sull’Emigrazione Italiana. Sul loro sito web si può approfondire il tema dell’emigrazione italiana, ma è anche possibile cercare nomi specifici e ottenere dati come la data di emigrazione, l’età, il luogo di nascita e persino il nome della nave con cui gli emigranti viaggiarono.






 
 
 

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